L'italiana in Algeri


Informazioni Generali


GeneroOpera . Dramma GiocosoLinguaItalianoAnno della Prima1813Atti2

Trama


Mustafà, bey di Algeri, stanco della propria moglie, Elvira, matura un doppio proposito: dare in sposa Elvira a Lindoro, il suo schiavo italiano, e trovare per sé un’italiana. D’altronde, confessa Mustafà a Haly, capitano dei corsari algerini, una moglie «dabben, docil, modesta» per un turco è un partito comune, mentre per un italiano sarebbe assai rara. Haly viene dunque incaricato di mettersi alla caccia dell’Italiana. Lindoro intanto, all’oscuro dei propositi di Mustafà, pensa alla propria amata lontana e si strugge d’amore (cavatina “Languir per una bella”). Sopraggiunge Mustafà e gli manifesta l’intento di dargli moglie. Vista la renitenza di Lindoro, passa a elencare tutte le qualità della candidata ( “Se inclinassi a prender moglie”). 
Su una spiaggia, in riva a un mare battuto dalla burrasca. Sul legno dei corsari arriva Haly, che ha fatto preda del bottino e dell’equipaggio; al suo seguito l’Italiana, Isabella. I corsari ammirano la bella signora commentando “È un boccon per Mustafà”, mentre Isabella lamenta la sorte avversa e il pericolo in cui si trova per essersi messa a cercare il suo amato Lindoro. Lo spazio per la disperazione è assai breve: in quattro e quattr’otto la bella Italiana fa una dichiarazione d’intenti: la situazione è grave per cui ci vuole disinvoltura, coraggio e soprattutto la seducente astuzia femminile di cui Isabella, per lunga pratica, conosce il sicuro effetto (cavatina “Cruda sorte”). I corsari scoprono e arrestano Taddeo, cicisbeo di Isabella, la quale dice di esserne la nipote. Haly nomina subito schiavo Taddeo e dichiara a Isabella la sua nobile sorte: “stella e splendor” del serraglio di Mustafà. Taddeo è preoccupatissimo, più per la sorte di lei, di cui è innamorato, che per la propria. La sua gelosia fa andare su tutte le furie Isabella provocando un vivace bisticcio (“Ai capricci della sorte”). Nel frattempo, nella sala del palazzo, Mustafà offre a Lindoro l’opportunità di tornare in Italia purché porti con sé Elvira. La sua fretta aumenta a dismisura quando Haly gli comunica di aver trovato l’Italiana (“Già d’insolito ardore nel petto”, Mustafà). Elvira è disperata ma Lindoro le assicura che essendo ricca, giovane e bella, in Italia potrà trovare tutti i mariti e amanti che vorrà. Mustafà si prepara a ricevere Isabella (“Viva, viva il flagel delle donne”, finale primo); portati al cospetto una dell’altro, i due esprimono tra sé opposto parere: “Oh che muso, che figura!” dice Isabella, “Oh che pezzo da Sultano” dice di lei Mustafà. Ma mentre Taddeo, inseguito da Haly che minaccia di farlo impalare, rivendica il suo ruolo di zio di Isabella, Elvira, la sua schiava Zulma e Lindoro arrivano a congedarsi da Mustafà. Isabella e Lindoro si ritrovano così dopo tre mesi, mentre Mustafà, Elvira, Zulma e Haly assistono allo stupito incontro. Isabella, alla vista di Elvira, apprende di essere lei la sposa di Mustafà, e dichiara al bey la sua fiera opposizione ad amarlo se non accetta che Elvira rimanga con lui; di più: pretende per sé Lindoro come schiavo. Alle proteste di Mustafà, non impiega un attimo a mandarlo al diavolo accusandolo di non saper amare. Mustafà è messo alla berlina: “Ah, di leone in asino / Lo fe’ costei cangiar” commentano Elvira, Zulma e Lindoro. È il momento della sospesa follia della stretta del finale primo rossiniano (“Va sossopra il mio cervello”) che dà luogo al delirio contrappuntistico onomatopeico (“Nella testa ho un campanello”) che chiude il primo atto. 
Nell’introduzione al secondo atto gli eunuchi commentano gli effetti dell’amore sul bey: è diventato uno stupido, uno stolto. Anche Haly prevede come andranno a finire le cose e consiglia a Elvira di avere pazienza: dopo l’esperienza con l’Italiana, Mustafà diventerà certo un buon marito. Intanto Mustafà si prepara a prendere il caffé con Isabella e dichiara con tronfia sicumera di saper come trattarla. La prenderà dal suo punto debole, l’ambizione. Isabella nel frattempo si dispera per aver trovato Lindoro infido: ella crede infatti che l’amato sia innamorato di Elvira. L’equivoco presto si chiarisce e i due decidono di ordire qualche raggiro per fuggire insieme (cavatina di Lindoro “Oh come il cor di giubilo”). Per dare prova del suo amore a Isabella, Mustafà nomina il creduto zio, Taddeo, suo ‘grande Kaimakan’, vale a dire luogotenente, e lo fa abbigliare alla turca con turbante e sciabola mentre il coro intona “Viva il grande Kaimakan”. Taddeo non capisce, cosicché Mustafà gli spiega che lo scopo della nomina è che egli riesca a metterlo in grazia alla nipote. Taddeo è dunque a un bivio: o farsi impalare o «portare il candeliere» a Mustafà e Isabella (“Ho un gran peso sulla testa”, Taddeo). In un magnifico appartamento Isabella si prepara per il caffé vestendosi alla turca e impartendo a Zulma e Elvira una lezione di astuzia femminile sintetizzabile nel motto «Va in bocca al lupo chi pecora si fa». Si mette allo specchio conscia che Mustafà, Taddeo e Lindoro la stanno guardando di sottecchi, fingendo amore per il turco (“Per lui che adoro”, cavatina di Isabella). Mustafà è ormai pazzo d’amore: incarica Taddeo e Lindoro di portarla a lui. Lindoro finge di partecipare alla trama del Bey mentre questi intima a Taddeo di lasciarlo solo al segno convenuto di uno starnuto. Ma ai ripetuti ‘eccì’ Taddeo fa il sordo mentre Isabella, del tutto inaspettatamente, invita al caffé anche Elvira. Mustafà va su tutte le furie (quintetto “Ti presento di mia man”). Non poteva finire che così con una donna italiana! (“Le femmine d’Italia”, Haly). Ma la burla inizia ora: Isabella manda a dire a Mustafà che, come prova del suo affetto, a deciso di nominarlo suo ‘Pappataci’. Mustafà è attonito (terzetto “Pappataci! che mai sento!”) e Lindoro gli spiega che è un titolo concesso in Italia a «color che mai non sanno disgustarsi col bel sesso». Taddeo Kaimakan e Mustafà Pappataci: le due cariche si equivalgono, nota Taddeo, e con Lindoro passa in rassegna i compiti di un Pappataci: dormire, mangiare, bere tra gli amori e le bellezze. Isabella cerca di liberare tutti gli schiavi italiani facendoli travestire da Pappataci, col pretesto di organizzare la cerimonia di investitura per il bey. Il pensiero dell’Italia risveglia in Isabella istinti patriottici (rondò “Pensa alla patria”). Arrivano i Pappataci (finale secondo “De’ Pappataci s’avanza il coro”) e Isabella dice a Mustafà che se vorrà avere il grado di Pappataci dovrà seguire attentamente le sue istruzioni: dovrà vedere e non vedere, sentire e non sentire, lasciar fare e dire. Rito primo e massimo è mangiare, bere e tacere. Isabella e Lindoro preparano la fuga: Mustafà mostra qualche sospetto ma Taddeo gli ricorda il suo giuramento: mangiare e tacere, lo stesso fa Mustafà quando Taddeo si accorge di essere stato gabbato: «mangia e taci», lo striglia Mustafà. Lindoro e Isabella, mossi a pietà, invitano Taddeo a seguirli. Compreso nella sua parte di Pappataci, Mustafà non dà retta neppure a Zulma, Haly e Elvira quando questi cercano di fargli capire di essere stato gabbato. Solo all’annuncio che l’Italiana sta scappando, il bey insorge spronando i suoi soldati all’inseguimento, ma i liquori offerti da Isabella hanno avuto il loro effetto e turchi, eunuchi e mori sono tutti ubriachi. Mustafà, esausto dell’Italiana, ritorna da Elvira. Morale: la Donna, se vuole, riesce a gabbare chiunque.


Ruoli


IsabellaContralto

Dama Italiana
MustafáBasso

Bey de Argel
LindoroTenore

Prometido de Isabella
TaddeoBaritono

Pretendiente de Isabella
ElviraSoprano

Esposa de Mustafá
ZulmaMezzo soprano

Confidente de Elvira
Haly

 



Fonte