Felice Romani
Felice Romani è stato un librettista, poeta e critico musicale italiano, fra i più noti e prolifici del suo tempo. A lui si devono circa un centinaio di libretti, scritti per i massimi operisti italiani della prima metà dell'Ottocento.
Primo di dodici fratelli, Felice Romani nasce a Genova da una famiglia benestante che, per vari dissesti finanziari, dovrà trasferirsi a Moneglia.
Iniziati dapprima gli studi di giurisprudenza a Pisa, abbandona presto l'indirizzo preso per iscriversi a lettere all'Università di Genova dove ha come maestro il grecista don Giuseppe Solari. Conseguita la laurea insegna come supplente incaricato presso la stessa università ma, in seguito, non vuole accettare la nomina alla cattedra per dimostrare la sua solidarietà al Solari che era stato rimosso dall'incarico.
In seguito al grande successo ottenuto con Medea a Corinto scritta per Mayr, viene ingaggiato, dall'allora impresario della Scala di Milano Benedetto Ricci, per la produzione di sei libretti nuovi all'anno. Si trasferisce pertanto nel 1813 a Milano, pur continuando a rimanere legato all'ambiente culturale genovese e a scrivere sulla "Gazzetta di Genova", dove nel 1810 aveva esordito come poeta.
A partire dal 1834 fu direttore della Gazzetta ufficiale piemontese, incarico che mantenne fino al 1849.
Di formazione classicista, Romani si dimostrò sempre diffidente verso i nuovi fermenti di carattere romantico, ma per la creazione dei suoi libretti seppe attingere anche alla produzione di scrittori moderni e romantici come George Byron, Victor Hugo e Walter Scott, contribuendo a diffondere un gusto che si affermerà nei librettisti della generazione successiva, quali Salvadore Cammarano, Francesco Maria Piave e Antonio Somma.
Con i suoi versi scorrevoli ed eleganti, quanto mai adatti alla musica, si cimentarono tutti i più importanti operisti che lavorarono in Italia tra il secondo e il quinto decennio dell'Ottocento, tra cui Vincenzo Bellini, Gaetano Donizetti, Saverio Mercadante, Giacomo Meyerbeer, Giovanni Pacini, Gioachino Rossini e, in un'unica occasione, lo stesso Giuseppe Verdi.
Particolarmente fortunato e artisticamente felice fu il sodalizio con Bellini, che dalla penna di Romani ricevette i libretti di sette delle sue dieci opere e che in più occasioni espresse la propria ammirazione per i versi del poeta genovese, che considerò il più grande tra i librettisti del suo tempo.
Tra i suoi libretti più importanti sono Il Pirata, La Straniera, Zaira, I Capuleti e i Montecchi, La Sonnambula, Norma, Beatrice di Tenda, Il Turco in Italia, Bianca e Fallliero, Anna Bolena, Lucrezia Borgia, L'Elisir d'amore e Un Giorno di Regno.