Il Teatro di San Carlo è un teatro lirico di Napoli, nonché uno dei più famosi e prestigiosi al mondo.
È il più antico teatro d'opera in Europa e del mondo ancora attivo, essendo stato fondato nel 1737, nonché uno dei più capienti teatri all'italiana della penisola. Può ospitare 1386 spettatori e conta un'ampia platea (22×28×23 m), cinque ordini di palchi disposti a ferro di cavallo più un ampio palco reale, un loggione ed un palcoscenico (34×33 m). Data le sue dimensioni, struttura e antichità è stato modello per i successivi teatri d'Europa.
Fondato per volontà di Carlo di Borbone, costruito da Giovanni Antonio Medrano ed Angelo Carasale per una capienza da 3.000 posti, fu inaugurato il 4 novembre 1737, proprio in occasione del giorno dell'onomastico del re,dal quale prese il nome il teatro. L'opera che per prima in assoluto andò in scena fu l'Achille in Sciro di Domenico Sarro e libretto di Pietro Metastasio con Vittoria Tesi, Angelo Amorevoli ed il soprano Anna Peruzzi alla presenza del re.
Inizialmente fu sede esclusivamente dell'opera seria; l'opera buffa si dava in altre sedi della città, come il teatro Mercadante (al tempo denominato "Fondo dei Lucri") o il San Bartolomeo o il teatro dei Fiorentini.
Nel 1752 andò in scena la prima assoluta di Clemenza di Tito di Christoph Willibald Gluck con successo con Majorano, nel 1761 il Catone in Utica e nel 1762 l'Alessandro nell'Indie entrambe prime assolute di Johann Christian Bach, mentre negli anni successivi vi giunsero come ospiti Georg Friedrich Händel, Franz Joseph Haydn ed il giovane Mozart, il quale comparve tra gli spettatori nel 1778.
Gioacchino Murat ascende al trono nel 1808 e dal 7 luglio del 1809 (fino al 1840) il teatro viene gestito dall'impresario Domenico Barbaja. Furono quegli gli anni della ristrutturazione del San Carlo con gli importanti lavori di Antonio Niccolini che, durati due anni, diedero all'edificio l'aspetto che tutt'oggi ha. Furono essenzialmente rivisti gli interni creando ambienti di ristoro e ricreazione e, soprattutto, fu rifatta la facciata in pieno stile neoclassico.
La nuova sala interna fu tuttavia ricostruita appena sei anni dopo (nel 1817) sempre dal Niccolini, a seguito di un incendio che la distrusse la notte del 13 febbraio 1816. I lavori ripristinarono sostanzialmente lo stato precedente del teatro anche se, proprio in quest'occasione, fu riadattata la sala interna in modo che raggiungesse i 2500 posti a sedere.
Ogni palco del teatro ha in una delle pareti laterali uno specchio adeguatamente inclinato per riflettere il palco reale. Il motivo di ciò è che nessun spettatore poteva applaudire o chiedere un bis prima che lo facesse il re. Se non c'era il re allora il diritto di "primo applauso" spettava alla regina, poi al principe di Maddaloni, altrimenti al principe di Sirignano e così via secondo una rigida etichetta. Lo specchio dunque serviva proprio ad osservare cosa facessero le massime personalità presenti nel teatro. Solo il loggione non aveva specchi; era quindi libero e privo di qualsiasi tipo di condizionamento.
Il teatro fu ricostruito in soli nove mesi su progetto dello stesso Niccolini, dopo un incendio che lo distrusse nella notte del 13 febbraio 1816. La ricostruzione lo restituì alla città nelle sembianze attuali, eccetto i colori che continuarono ad essere quelli originari del 1737. Questi, capaci di donargli un aspetto ancora più atipico di quello contemporaneo, vedevano le decorazioni in argento brunito con riporti in oro (oggi tutte in oro) mentre i palchi così come il velario e il sipario, in azzurro (oggi rossi); questi tutti colori ufficiali della Casa Borbonica. Solo il palco reale era rosso “pallido” (così lo definì Stendhal), prima che diventasse rosso fuoco tutta la tappezzeria del teatro. I cambiamenti avuti nel 1816 riguardarono: il palcoscenico, che fu ampliato fino a superare per grandezza la platea; il soffitto, che fu sollevato rispetto al velario del Cammarano eseguito nella stessa occasione; infine fu aggiunto il proscenio.
La nuova riapertura fu inaugurata il 12 gennaio del 1817 con la cantata Il sogno di Partenope di Giovanni Simone Mayr, già stato al San Carlo con altri lavori tra cui la Medea in Corinto (28 novembre 1813).
Dal 1815 al 1822, il direttore musicale del teatro fu Gioachino Rossini che in quel periodo visse una delle sue stagioni più importanti e prolifiche. Sia la presenza del Rossini che di Mayr, nel giorno di riapertura, si doveva essenzialmente alla bravura di Domenico Barbaja, il più grande impresario d'Italia e forse d'Europa. Il legame che esisteva tra il Rossini ed il Barbaja era molto forte al punto che il maestro marchigiano visse per tutto il suo periodo napoletano nel palazzo di famiglia Barbaja. Il 4 ottobre 1815 avviene la prima assoluta di Elisabetta, regina d'Inghilterra con Isabella Colbran, Andrea Nozzari e Manuel García seguita dalle prime assolute di Armida nel 1817, Mosè in Egitto e Ricciardo e Zoraide nel 1818, Ermione nel 1819 ed il successo di Zelmira nel 1822.
Dopo Rossini, l'incarico di direttore fu affidato a Gaetano Donizetti, direttore artistico dal 1822 al 1838. Il Donizetti aveva stipulato un contratto con Barbaja che lo impegnava a comporre quattro opere l'anno. L'attività di Donizetti a Napoli è incessante e molte sono le prime assolute andate in scena al San Carlo o al Nuovo durante la sua attività artistica. Tra il 1823 e il 1844, infatti, al San Carlo furono presentate ben 19 opere in prima esecuzione (17 durante la sua direzione), fra cui il successo di L'esule di Roma, di Elisabetta al castello di Kenilworth, di Fausta, Maria Stuarda, di Roberto Devereux ed il capolavoro Lucia di Lammermoor rappresentato con successo nella prima assoluta del 26 settembre 1835.
Durante la seconda parte del regno di Ferdinando II la morsa della censura si faceva più stretta nella vita artistica del teatro. Dopo il cambio titolo dell'opera del Bellini Bianca e Fernando in Bianca e Gernando, vi furono altre censure che questa volta tormentarono il rapporto con Giuseppe Verdi. Furono dunque proibite la messa in scena di due importanti opere verdiane, quali Il trovatore nel 1853 ed Un ballo in maschera (con il nome di "Una vendetta in domino") nel 1859, quest'ultima scritta proprio per il San Carlo ed andata in scena con il nuovo nome ed alte modifiche nella prima napoletana del 1862. Nonostante tutto il rapporto con Verdi fu abbastanza importante; furono infatti ospitate diverse opere del compositore emiliano: Oberto, Conte di San Bonifacio nel 1841, Ernani (con il nome "Il corsaro di Venezia") nel 1846, il Nabucco nel 1848, l'Attila, I Lombardi alla prima crociata nel 1848, l'Aida con Teresa Stolz nel 1872 e le prime assolute dell'Alzira nel 1845 e della Luisa Miller nel 1849.
Il 26 dicembre 1949 Karl Böhm dirige la prima di Wozzeck di Alban Berg con Tito Gobbi, Petre Munteanu e Mario Petri.
Nel 1872, su suggerimento di Giuseppe Verdi, fu costruito il "golfo mistico" per l'orchestra; al 1937 invece risale il foyer collegato, tramite uno scalone monumentale a doppia rampa, ai giardini reali dell'adiacente palazzo. Distrutto durante i bombardamenti di Napoli del 1943, nell'immediato dopoguerra fu rifatto così com'era.
Il 27 marzo 1969 il gruppo scultoreo niccoliniano della Partenope, presente sull'acroterio centrale del frontone della facciata principale, si sgretolò a causa di un fulmine e delle infiltrazioni piovane: tale avvenimento rese necessario rimuoverne una parte. Nei primi anni settanta, dopo un incendio della copertura, fu rimosso anche quanto sopravvissuto dell'originale gruppo scultoreo in muratura e stucco.
Nel 1980, fu ripristinato lo stemma del Regno delle Due Sicilie sotto l'arco del proscenio, sostituendo così quello sabaudo voluto dai re del neonato regno d'Italia in seguito all'unità. In effetti, durante alcune operazioni di pulitura, si scoprì che lo stemma sabaudo era semplicemente sovrapposto allo stemma originale e distaccato da questo con apposito spessore.
Il 23 gennaio 2009 il teatro di San Carlo è stato restituito alla città. I lavori di ristrutturazione e restauro, coordinati dall'architetto Elisabetta Fabbri, sono durati cinque mesi: da luglio 2008 a dicembre dello stesso anno. È stato costruito un nuovo foyer al di sotto della sala teatrale; la sala stessa è stata restaurata, con la completa pulizia di tutti i rilievi decorativi, gli ori, la cartapesta e le patine meccate. È stato inoltre aggiunto un impianto di climatizzazione per il quale il flusso dell'aria è immesso nella platea attraverso una bocca posizionata al di sotto di ognuna delle 580 poltrone ed in ogni singolo palco della sala. Il restauro della tela di 500 metri quadrati, posta a decoro del soffitto della sala, ha richiesto l'impiego di circa 1500 chiodi e 5000 siringate per il fissaggio della pellicola pittorica. Inoltre sono state interamente sostituite le poltrone della platea, la quale ha subito anche un intervento per il miglioramento della visuale degli spettatori e dell'acustica, già giudicata straordinaria prima dell'intervento.