Arturo Colautti

Arturo Colautti è stato un giornalista, scrittore e librettista italiano. Nato in Calle dei Tintori come ultimo di quattro figli di Francesco Colautti, friulano, ingegnere alle dipendenze dell'Impero Austroungarico, e di Luisa Couarde, francese, originaria di Antibes, trascorse l'adolescenza nella città natale, dove si diplomò nel locale Ginnasio Liceo, per poi svolgere il servizio di leva nell'esercito austro-ungarico.
Colautti si interessò molto precocemente al giornalismo ed all'età di 17 anni fondò il giornale "Il Progresso" prima e "La Leva" poi. In quel periodo studiò alle Università di Vienna e Graz laureandosi in scienze politiche e geografiche. Andò poi a Fiume a dirigere "La Bilancia", per poi tornare nella nativa Zara a dirigere "Il Dalmata" dal 1872 al 1874.
Passato a Spalato nel 1876, vi fondò la Rivista Dalmatica di cultura e letteratura, ma l'impresa non ebbe lunga vita. Nello stesso anno fu chiamato a dirigere "L'Avvenire", al quale diede un'impronta nettamente irredentistica che gli causò le antipatie dei croati spalatini. In seguito all'apparizione di un articolo antiaustriaco apparso sul suo giornale, nel settembre 1880 Colautti subì un'aggressione da parte di un gruppo di soldati che lo rese infermo per qualche mese. Poco dopo, in seguito anche a minacce di querela per reati di stampa, Colautti scelse la via dell'esilio e si rifugiò nel Regno d'Italia.
Nella penisola si stabilì dapprima a Padova, dove fondò "L'Euganeo", poi a Milano, dove fondò "L'Italia", e collaborò a varie testate giornalistiche. Fondato il "Corriere del Mattino" di Napoli (1885), Colautti ne divenne il direttore e vi rimase per quindici anni, quando passò alla direzione del "Corriere di Napoli".
Nel lungo periodo partenopeo scrisse centinaia di articoli, ma anche poesie, romanzi e opere teatrali con una discreta fama; alcuni suoi libretti operistici furono musicati: Adriana Lecouvreur, di Cilea e Fedora, di Giordano. Amico di Giosuè Carducci, Alfredo Oriani e Gabriele D'Annunzio, fu scrittore aggressivo e polemista veemente. Provò intensa passione per Annie Vivanti, per la quale scrisse una composizione in sette sonetti dal titolo Annie e pubblicata sulla Cronaca Partenopea, e sostenne un duello con Matteo Renato Imbriani. Con lo pseudonimo di "Fram" Colautti fu anche critico militare del Corriere della Sera nel corso della guerra russo-giapponese (1904) e nel capoluogo lombardo tornò dal 1912 al 1914, quando diresse "L'Alba" e tornò a collaborare al quotidiano di via Solferino.
Per tutta la durata dell'esilio Colautti mantenne stretti contatti gli irredentisti dalmati e partecipò attivamente a varie manifestazioni e congressi nazionalistici. Allo scoppio della prima guerra mondiale fu tra gli interventisti, ma morì alcuni mesi prima dell'intervento italiano nel conflitto. Per questioni di ordine pubblico non ebbe onoranze pubbliche; la sua salma fu tumulata nel corso di una cerimonia privata al cimitero del Verano.