Andrea Maffei

Andrea Maffei è stato un poeta italiano. Trascorse i primi anni tra Riva del Garda, di cui il padre Filippo era pretore, Trento e l'Alto Adige. Dopo aver studiato dal 1811 al 1814 a Bologna, quale allievo di Paolo Costa, si trasferì per un biennio a Monaco di Baviera, presso lo zio, l'abate Giuseppe Maffei. Nel 1818, tornato in Italia, esordì come traduttore pubblicando a Milano gli Idillj di Salomon Gessner, dedicati a Vincenzo Monti, che l'adolescente Maffei aveva conosciuto a Bologna frequentando con il padre , alto funzionario governativo, alcuni salotti della colta società, nei quali era entrato in contatto anche con il conterraneo Paride Zajotti e con Giovita Scalvini. La versione di Gessner, in terzine di armoniosi endecasillabi, riscosse grande successo, venne lodata sia dai conservatori della Biblioteca Italiana che dagli innovatori del Conciliatore ed ebbe numerosissime ristampe.
Conseguita nel 1820 la laurea in giurisprudenza a Pavia si spostò, quale impiegato nei primi gradi della burocrazia governativa, dapprima a Verona poi, nel 1823, a Venezia. Nel 1825 ottenne infine stabile trasferimento quale segretario presso il tribunale d'appello di Milano.
Nel frattempo, incitato dal Monti, aveva iniziato la versione del Messias di Klopstock, un cui primo saggio era apparso sulla Biblioteca Italiana nel 1821; nel 1823 si era poi dedicato alla traduzione, sempre dal tedesco, del poema epico Tunisiade del patriarca di Venezia e primate di Dalmazia Ladislao Pyrker, il quale si era rivolto a lui su consiglio di Antonio Rosmini. 
Fu tuttavia la permanenza a Milano che gli permise di orientare decisamente i suoi interessi verso autori senz'altro a lui più congeniali e indubbiamente più atti a rispondere alle nuove istanze culturali. Thomas Moore e George Byron, ad esempio, la cui fama nell'Italia del primo Romanticismo sempre più andava diffondendosi. Ma fu soprattutto a Friedrich Schiller, e in particolare alla sua produzione drammatica, che il traduttore dedicò un sistematico impegno durante tutti i suoi anni milanesi. Con la versione del Teatro completo schilleriano, iniziata nel 1827 con la pubblicazione della Sposa di Messina, egli favorì in modo impareggiabile - anche grazie al grande consenso ottenuto dalle versioni e alla straordinaria cassa di risonanza fornita dalla pronta trasposizione sulle scene teatrali e musicali di molte di esse - non solo a far conoscere in Italia il grande drammaturgo tedesco, la cui opera era quasi ignota nella penisola proprio a causa della mancanza quasi completa di traduzioni, bensì a stimolare potentemente il dibattito culturale.
Alla versione della Sposa di Messina erano seguite quelle della Maria Stuarda(1829), della Vergine d'Orléans(1830) e del Guglielmo Tell (1835), edite da Lampato. Quella del Don Carlos - lodata tra gli altri da Carlo Cattaneo sul suo "Politecnico" - fu invece pubblicata nel 1842 dall'editore Luigi Pirola che aveva ottenuto l'esclusiva su tutti i testi.
Nel marzo 1832 Maffei sposò la diciottenne Clara Carrara Spinelli, figlia del conte Giovan Battista. Due anni più tardi, nel 1834, per attenuare la solitudine della moglie, affranta per la morte a soli nove mesi dell'unica figlia, il letterato cominciò ad aprire la propria casa agli scrittori e agli artisti a lui più affettuosamente legati. Nacque così il Salotto Maffei che in breve tempo, grazie alla fama e all'ampia gamma di relazioni di Andrea e all'amabile accoglienza della giovanissima Clara, divenne un ineludibile punto d'incontro di aristocratici, intellettuali ed artisti, sia della penisola che provenienti dall'estero.
Per quanto riguarda la musica Maffei era in stretta relazione, grazie alle sue entrature negli ambienti teatrali e melodrammatici, con impresari, critici e librettisti. Era inoltre in familiarità con i compositori più famosi, tra i quali basti qui citare Rossini, Bellini e Donizetti. Nel 1835, quando Bellini cessò di vivere a Puteaux, presso Parigi, fu Maffei a scrivere, su richiesta dell'editore Ricordi, i versi del Lamento per la morte di Bellini, musicato da Donizetti e dedicato a Maria Malibran, eccezionale interprete di opere belliniane.
Giuseppe Verdi entrò per la prima volta nel salotto nei primi mesi del 1842.  Divenuto in breve uno degli ospiti più assidui del ritrovo, che proprio allora si era trasferito da via Tre Monasteri a piazza Belgiojoso, il giovane musicista trovò in Andrea Maffei una guida preziosa, in grado non solo di introdurlo in tutti gli ambienti che più contavano, ma anche di orientarne e plasmarne gli interessi. Tutto il cosmopolitismo culturale di cui il letterato era, come traduttore, il maggior intermediario in Italia entrò via via tra le scelte operate o comunque vagliate dal compositore. Maffei, oltre a scrivere il testo di alcune romanze da camera verdiane ( Il tramonto, Ad una stella, Brindisi, Milano 1845 ), fu, negli anni che precedettero il '48, una figura onnipresente a fianco dell'amico, disponibile anche nel redigere gli "sbozzi" preliminari delle opere in gestazione e nell'intervenire, quando necessario, sugli stessi libretti. Per I Masnadieri il musicista riuscì addirittura a convincere l'amico, che fino a quel momento aveva preferito restare discretamente nell'ombra, a uscire allo scoperto come librettista, adattandosi a scrivere il libretto per musica del dramma schilleriano, da lui appena tradotto e pubblicato. Per quanto riguarda il Macbeth la costante vicinanza, a Firenze, durante gran parte del percorso creativo dell'opera, tra Verdi e Maffei ( il quale si occupò tra l'altro della completa revisione del libretto che, pur essendo stato affidato a Francesco Maria Piave, uscì alla fine anonimo). 
Nel 1847 il Meyerbeer, per il tramite di Peter Lichtenthal, che viveva a Milano, affidò a Maffei l'incarico della traduzione della tragedia Struensee del fratello Michael Beer, morto prematuramente. Ma i rivolgimenti del '48 evidentemente ne bloccarono il compimento. Fu infatti soltanto nel 1863 che Struensee, tragedia in 5 atti tradotta per le scene italiane da Andrea Maffei, uscì alle stampe presso Ricordi, corredata dalla musica dello stesso Meyerbeer. Essa fu rappresentata per la prima volta dalla compagnia teatrale di Ernesto Rossi al Teatro della Canobbiana nel 1865.
Nel 1848 anche Maffei, nonostante la moderazione della sua indole, apparve contagiato dal clima di entusiasmo che caratterizzò le 5 Giornate, tra i cui promotori prima e combattenti poi c'erano molti dei più giovani amici che erano stati frequentatori del suo salotto. E non mancò di dare il suo concreto apporto alla sommossa costruendo barricate in piazza Belgiojoso e in via degli Omenoni e del Morone. Nel 1849, ormai allontanatasi ogni speranza di riscatto, Maffei s'allontanò dalla città per un lungo viaggio all'estero: dopo un soggiorno estivo in Baviera presso lo zio Giuseppe nel castello del duca Massimiliano sul lago di Starnberg egli fece tappa in varie città della Germania visitandone "i tesori d'arte" e rimandando a più riprese il ritorno in Italia. 
Pur continuando ad alternare la dimora a Riva del Garda con frequenti soggiorni in altre città, specie Milano e Venezia, Maffei intensificò le sue visite a Firenze, dove, fin dal 1840, egli aveva intrecciato duraturi rapporti con l'ambiente intellettuale toscano, in particolare con Giovan Battista Niccolini, Gino Capponi, Giuseppe Montanelli, Giuseppe Giusti, che lo avevano in grande stima com'è testimoniato, tra l'altro, dagli intensi scambi epistolari. Una spinta decisiva nel porre Firenze ancor più al centro dei suoi interessi giunse dalla relazione sempre più profonda di connubio intellettuale e di collaborazione editoriale instaurata, in particolare negli anni in cui la città divenne capitale del nuovo Regno d'Italia, con Felice Le Monnier. Se da una parte il letterato gli cedette i diritti di pubblicazione delle sue opere (sia delle versioni che dei versi originali), fu invece l'editore a volerlo inserire, quale fidato confidente e prezioso intermediario culturale, come azionista nella Società dei Successori Le Monnier, costituitasi nel 1865 e presieduta dal barone Bettino Ricasoli. Per molti anni il catalogo della Biblioteca Nazionale lemonneriana non solo si arricchì delle tante edizioni e ristampe delle opere del poeta trentino, ma anche dei nomi di letterati a lui vicini, compresi parecchi giovani cui egli dava la possibilità di farsi conoscere entrando in una collana prestigiosa.
Nella primavera del 1869, mentre si trovava a Firenze per curare la stampa del Faust completo, il traduttore venne colpito da una seria forma di carbonchio, che fece temere per la sua vita. In quell'occasione la moglie Clara raggiunse immediatamente la città e per quasi due mesi l'assistette amorosamente in ospedale. A partire da quel momento i rapporti tra Andrea e Clara tornarono frequenti e affettuosi e tali restarono per tutti gli anni successivi.
Il Faust uscì alle stampe entro il 1869 e la versione fu accolta, come al solito, con molto favore dalla critica e dai lettori. 
Un posto a sé ebbe, nello stesso periodo, la versione delle Odi di Anacreonte. Non soltanto per la scelta di un antico poeta greco quanto piuttosto per la peculiarità dell'iniziativa. 
Un grande dinamismo e un vivace interesse per tutte le manifestazioni culturali contraddistinsero anche nell'età più avanzata il letterato. Il cui impegno di traduttore era accompagnato dalle frequenti riduzioni per le scene teatrali dei testi, di cui s'incaricava personalmente, dalla collaborazione a diverse riviste letterarie e anche dalla composizione di versi originali, spesso recitati nelle tante riunioni intellettuali cui era invitato nelle varie città in cui continuò, ormai ultraottantenne, a soggiornare. La reputazione di cui il "principe de' traduttori" godeva fece sì che, tra l'altro, egli fosse scelto come rappresentante ufficiale in occasioni di rilevante valore simbolico: già nel 1865 aveva partecipato quale incaricato della città di Riva del Garda e dell'Istituto lombardo di scienze, lettere e arti alle imponenti celebrazioni del VI Centenario della nascita di Dante Alighieri a Firenze; nel 1871 il ministro dell'istruzione pubblica Cesare Correnti lo incaricò ufficialmente di rappresentare la nazione italiana nel trasporto delle ceneri di Ugo Foscolo in Santa Croce; nel 1873 rappresentò ancora Riva del Garda nei solenni funerali di Alessandro Manzoni.
Si moltiplicavano nel contempo i titoli accademici e le cariche onorifiche, pubbliche e private, fino alla nomina a Senatore del Regno nel 1879, a cittadino onorario di Firenze nel 1880, a Cavaliere dell'Ordine civile di Savoia nel 1883.
Proseguì intensamente, anche nell'ultimo decennio della lunga vita, la sua attività di traduttore. L'Ifigenia in Tauride (1874) e le Elegie romane (1 875) conclusero il ciclo delle versioni goethiane. Tra gli altri autori tedeschi di rilievo resi in italiano è da ricordare Heinrich Heine, di cui tradusse le tragedie Ratcliff (1875), dedicata all'affezionatissimo giovane commediografo Achille Torelli, che la mise in scena, e Almansor (1876). E anche Franz Grillparzer di cui dette alle stampe nel 1877 l'Avola (che però aveva già proposto a Verdi nel 1846 durante gli "ozi" di Recoaro, fornendogliene un abbozzo) e nel 1879 la Medea.
La progressiva scomparsa, anno dopo anno, di gran parte dei suoi antichi amici ma anche di alcuni dei più giovani letterati che egli aveva indirizzato e sostenuto lo faceva spesso sentire, come lamentava in lettere e in componimenti poetici. un sopravvissuto. Ciò non gli impediva tuttavia di continuare a essere vicino a tanti giovani che vedevano in lui il depositario ideale di un'epoca quasi leggendaria, che aveva prodotto grandi figure e grandi eventi. Il 27 novembre 1885 infatti egli cessò di vivere nell'Albergo Bella Venezia, dove da quasi in trentennio alloggiava quand'era a Milano, assistito dall'amico medico Andrea Verga. Dopo le esequie solenni la salma fu trasportata a Riva del Garda e fu sepolta nella cappella della villa della famiglia de Lutti. Famiglia cui Maffei aveva lasciato, per volontà testamentaria, tutti i suoi beni, comprese le sue carte, la ricchissima biblioteca e la preziosa collezione d'arte.